Retribuzioni femminili: una strada per la parità di genere

Retribuzioni

Retribuzioni: differenze di genere

La tematica delle retribuzioni è tra le più lampanti in ambito disparità di genere. Per questo, l’Osservatorio di INTOO ha voluto indagare su questo fenomeno e provare a chiedersi in che direzione stiamo andando.

Qual è allora la situazione attuale?

Secondo un’indagine ODM Consulting (Gi Group Holding), il gender pay gap, quindi il divario di genere nelle retribuzioni, si è assestato nel 2024 sul 10,4%. Dato in lieve miglioramento rispetto al 2023 che lo vedeva al 10,7%. Si parla di un differenziale retributivo che, guardando ai dati ISTAT, diventa più marcato tra i laureati (16,6%) e soprattutto sui dirigenti (30,8%).
Le donne soffrono ancora di una differenza importante nelle retribuzioni, che però subisce variazioni a seconda del settore di riferimento, dell’area funzionale e del fattore età.

Una questione di settore

Guardando ai dati nazionali, esistono persino settori in cui le retribuzioni femminili medie sono superiori a quelle maschili. Si parla di settori come quello delle “estrazioni di minerali da cave e miniere”. Mentre per esempio quello della “fornitura d’acqua; reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento” vede una media delle retribuzioni praticamente uguale tra i generi.
Drastico è invece il dato nel settore delle attività artistiche, sportive, d’intrattenimento e divertimento. Questo è il settore che vede il maggiore divario di genere, con le donne che prendono retribuzioni medie pari alla metà di quelle degli uomini.*

Spostando l’attenzione sulla questione dell’area funzionale, la già citata indagine ODM Consulting, riporta informazioni interessanti. La differenza nelle retribuzioni risulta minore nelle funzioni con maggior presenza femminile (esempio: risorse umane) e negli ambiti in cui il mismatch di competenze è più presente. Parliamo per esempio dell’area ICT e del comparto Engineering.

Sulla tematica dei settori, l’Osservatorio di INTOO propone infine un’ulteriore riflessione. Ci sono settori, come quello chimico, in cui le retribuzioni risultano superiori da donna e donna a fronte di una minor anzianità lavorativa. In questo caso, le donne con anzianità aziendale di 25-29 anni hanno retribuzioni maggiori di quelle con un’anzianità superiore*. Sintomo, questo, di una società che col passare del tempo sta riconoscendo il valore del lavoro femminile. Anche se, forse, andando più ad agire in ottica futura che in correzione delle situazioni esistenti.

Età e retribuzioni, una nota positiva

A rinforzare quest’ultima riflessione torna l’indagine ODM Consulting, che ha analizzato la differenza di genere delle retribuzioni in relazione alle diverse generazioni. Risulta infatti che, al diminuire dell’età corrisponda una diminuzione anche del gender pay gap. La Generazione Z, la più giovane, vede un differenziale retributivo al 3,5%, contro la generazione opposta dei Baby Boomer che lo vede al 27,8%. Nel mezzo, rispettivamente, per i Millennials è al 13,3% mentre per la Generazione X parliamo del 21,9%.

Retribuzioni e occupazione

A fianco della tematica sulle retribuzioni, l’Osservatorio di INTOO ritiene necessario parlare, in ambito lavoro, anche del tema occupazione.

A fronte di un nuovo record occupazionale a gennaio 2025, la crescita del tasso di occupazione femminile nell’arco di un anno è pari allo 0,0%. Questo, a fronte di un’inattività femminile quasi al doppio di quella maschile.*
Nel nostro paese, inoltre, il 32,1% delle donne tra i 25 e i 49 anni lavora in part time; di queste, il 51,7% afferma che si tratti di una condizione di part-time involontario.**

Part time involontario e inattività sono fenomeni che si trovano spesso legati a questioni familiari e attività di cura. Una ricerca realizzata da Save the Children mette per esempio in evidenza come il 28% delle intervistate abbia lasciato il lavoro dopo la maternità. La stessa ricerca mette in evidenza come il 27% sia passato invece al part time.

Prospettive future?

Mentre i dati sulle retribuzioni si muovono in positivo, quelli dell’occupazione rimangono critici e stagnanti.
Ciononostante, lo scorso anno la MIT Sloan Management di Cambridge, ha dimostrato come le politiche di diversità e inclusione in azienda producessero ricavi superiori a quelle non inclusive del 23%. La parità di genere è quindi tra i fattori che portano a un maggior successo dell’azienda a parità di condizioni.
Tutto questo vuol dire che, per mantenersi competitive e per crescere sempre di più, le aziende dovranno investire sulla parità di genere. In un contesto, in cui le istituzioni dovranno andare a favorire la ridistribuzione dei ruoli di cura tra i generi e avvantaggiare la conciliazione tra ruoli lavorativi e privati.

*Istat

**Eurostat

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