Non solo dimissioni. In Usa e Uk sta prendendo sempre più forma un nuovo trend: quello dei dipendenti di ritorno. Riassumerli o no?
Questa la domanda che molti Hr manager si stanno facendo. Ci sono tanti vantaggi, ma anche alcuni passaggi che richiedono grande cautela.
L’erba del vicino non sempre è verde come sembra. Così capita che i dipendenti usciti dall’azienda perché insoddisfatti del clima, dello stipendio, degli scarsi stimoli, della bassa motivazione, della debole cultura aziendale, a un certo punto decidano di tornare all’ovile.
Un trend che di questi tempi sta tornando prepotentemente in auge, soprattutto negli States e nel Regno Unito, guarda caso i paesi da dove, più di un anno fa, è partita l’ondata delle dimissioni volontarie che sta arrivando anche in Italia. In base a quanto scritto su Fast Company da Abakar Saidov, Cofondatore e CEO di Beamery, piattaforma inglese di management, in un recente sondaggio condotto su 5.000 dipendenti americani e inglesi, il 75% ha espresso interesse a mantenere i contatti con il precedente datore di lavoro dopo le dimissioni.E non è un caso che un attento osservatore del mercato del lavoro come Anthony Klotz, lo psicologo aziendale e professore alla A&M University in Texas, padre del termine “Great resignation“, ha dichiarato che la prossima grande tendenza destinata a travolgere gli Hr manager sarà proprio l’assunzione dei “dipendenti boomerang“.
A volte ritornano
Nulla di nuovo, per carità, i dipendenti che fanno ritorno nelle organizzazioni da cui erano usciti ci sono sempre stati, ma la novità in questo caso, sta nei numeri. Se anche in Italia dovesse succedere quello che sta capitando nei paesi anglosassoni le direzioni delle risorse umane si troverebbero difronte a un grande dilemma da gestire: riassumere o non riassumere?
Eric Swenson, esperto di strategie Hr, in un suo recente articolo pubblicato su Linkedin, sostiene che riassumere un ex dipendente potrebbe essere un’ottima scelta in un momento in cui i talenti scarseggiano sul mercato, purché si faccia però un’accurata selezione.Come dire che la convenienza se riaccoglierli in azienda o meno dipende dalla persona, dal suo carattere e da come è uscito dall’azienda precedentemente. Ma non basta.
Dipendenti di ritorno, i vantaggi
Indubbiamente nel riassumere un dipendente boomerang ci sono numerosi vantaggi da tenere in considerazione a cominciare dal fatto che conoscono già l’azienda e quest’ultima conosce loro. Una familiarità che si trasforma in un ottimo vantaggio soprattutto nella fase iniziale di inserimento sul posto di lavoro.
E questo significa anche limare di molto il tempo dedicato alla formazione. In base al periodo trascorso dalla loro fuoriuscita potrebbero, infatti, aver bisogno solo di un breve aggiornamento su politiche e procedure. Il che, di questi tempi, rappresenta un innegabile beneficio per l’impresa.
In più va considerato che i dipendenti di ritorno possono anche portare una nuova prospettiva all’organizzazione del lavoro e al business imprenditoriale grazie all’ esperienza fatta all’ esterno. Una contaminazione di idee che si traduce in un arricchimento da non sottovalutare in un quadro economico dove velocità e innovazione rappresentano le chiavi della competitività internazionale per ogni società.
Così come il fatto che riportare a bordo un ex dipendente può avere ricadute positive sulla fidelizzazione delle altre risorse e sul loro engagement. Fattore quest’ultimo sempre più strategico per gli Hr manager visto che dipendenti opportunamente ingaggiati possono migliorare elementi chiave quali: produttività, frequenza, attenzione nei confronti dei clienti, soddisfazione e fidelizzazione anche da parte dei colleghi.
Gli svantaggi di riassumere ex dipendenti
Ma come sempre c’è anche l’altro piatto della bilancia, quello dei fattori che un’azienda deve tenere ben in considerazione prima di riassumere un ex dipendente.
A cominciare dall’analisi approfondita delle motivazioni che lo hanno portato a dare le dimissioni in passato. Qualunque sia stata la motivazione, dal trattamento economico alla cultura aziendale; dalla funzione che stava ricoprendo alla mancanza di un piano di carriera concordato con l’azienda, se il problema persiste e non viene affrontato durante il colloquio iniziale, il rischio è che resti comunque un lavoratore insoddisfatto e che prima o poi se ne vada nuovamente. Per questo è molto importante riconoscere apertamente fin da subito i problemi o le preoccupazioni che lo hanno spinto ad andarsene e stabilire cosa sarà diverso questa volta – da entrambe le parti.
Un altro aspetto che le imprese dovrebbero analizzare con attenzione è come gli ex dipendenti hanno lasciato l’azienda in precedenza. Questo può voler dire molto sul carattere della persona, sulla sua lealtà, sul modo che ha di interfacciarsi con gli altri.
Nell’ottica poi di assumere le persone giuste per gli obiettivi strategici aziendali è bene anche consultare gli ex responsabili dei boomerang per avere un parere sui loro punti di forza e di debolezza professionali. Importante è anche considerare le esperienze fatte dal momento in cui sono usciti dall’azienda per verificare quali nuove competenze eventualmente si portano a casa. Non sempre un dipendente di ritorno è meglio di altri candidati.
Mai perdere di vista la visione d’insieme
E nel caso si decidesse di assumere un dipendente di ritorno è fondamentale fare in modo che l’ingresso della nuova risorsa non abbia ripercussioni negative sul resto del personale interno. E’ probabile, infatti, che le aziende offrano ai dipendenti di ritorno condizioni economiche più vantaggiose rispetto a quelle previste dal contratto precedente, motivate da un avanzamento di carriera, ma nel fare questo devono prestare attenzione a non alienare gli altri lavoratori ed evitare di lanciare il pericoloso messaggio che il modo migliore per avere avanzamenti di carriera o per migliorare il proprio stipendio sia quello di lasciare l’azienda per andare altrove. Questo non è tempo di turn over, ma di retention.