HA DELLE DOMANDE PER NOI? QUANDO IN UN COLLOQUIO FARE DOMANDE È PIÙ COMPLESSO CHE RISPONDERE

Cambiare lavoro: dimissioni e skill mismatch

Il mercato del lavoro del nostro Paese oggi è segnato da due fenomeni: quello di un numero consistente di dimissioni, così come di profili che si faticano a trovare. Partiamo allora da una considerazione: il desiderio di cambiare lavoro – in particolare in un mercato che tende all’immobilismo, dove i nostri genitori ci hanno insegnato che un posto è per sempre, come un diamante – è sano, al passo con dei tempi che evolvono a una velocità assai più mercata. In più, il cambiamento porta a ragionare da un’altra prospettiva, ad aggiornare le nostre competenze, solitamente anche a raggiungere un ruolo più alto o diverso e una retribuzione più solida; insomma, non c’è niente da giustificare se ci accorgiamo di desiderarlo.

Il punto è allora come convincere il nostro potenziale datore di lavoro che potremmo essere il profilo più adatto a ricoprire quel determinato ruolo per il quale, forse, sta faticando a trovare un match adeguato.

Il colloquio di lavoro: l’importanza delle domande

Durante l’iter di selezione, un momento fondamentale è quello a “parti invertite”, cioè quello in cui l’intervistatore chiederà “Ha delle domande per noi?”. Ecco, è un passaggio cruciale perché può fare la differenza nella percezione del nostro interessamento a quella posizione. Liquidare con un semplice “No” rischia di essere interpretato come poco interessamento alla realtà aziendale ed alla posizione  e, soprattutto, ci fa perdere l’occasione di ottenere le informazioni di “contorno” (ad esempio la composizione del team, la struttura aziendale, quali divisioni saranno coinvolte.. etc..non rende ragione dell’apertura che ci è stata accreditata, proviamo invece a dimostrarci volenterosi di approfondimenti, anche valoriali.

Il focus su performance e obiettivi

Tenete nel cassetto alcune richieste che vanno nella direzione di comprendere attese e parametri di giudizio:

  • Quali sono le priorità che vi aspettate non vengano fallite nei primi 3 mesi di lavoro?
  • Quale gap auspicate si colmino con il mio on-boarding?
  • Su quali KPI viene misurato il “successo” di questo ruolo?

Sono tutte domande che dimostrano un interesse autentico e specifico per la nuova azienda con la volontà di approfondirne gli obiettivi a breve e medio termine, nonché la determinazione a comprendere le dinamiche e gli elementi ritenuti strategici e non negoziabili; sono richieste che portano l’interlocutore a “scoprirsi” e fornire delle tips anche pratiche, tattiche, utili alla costruzione strategica di un on-boarding positivo, ma che aprono all’idea di costruire un futuro di reciproca soddisfazione di più lungo termine, con un profilo attento alla performance e ai risultati attesi.

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