QUANDO LE AZIENDE SOGNANO IL “POSTO FISSO”

È necessario che le aziende puntino anche sulla formazione continua per mantenere alto l’engagement sul posto di lavoro

Sono triplicati, in dieci anni, gli insoddisfatti del proprio posto di lavoro. Il dato è recentissimo, fa riferimento alla media italiana, e racconta di un mercato del lavoro in costante crescita di mobilità, dove il “posto fisso” non è più il sogno dei lavoratori, ma piuttosto delle aziende che si trovano spesso a fare i conti con un turn-over potente, che diventa difficile da gestire.

La questione competenze

La prima leva di attrazione, indicata dal bacino di intervistati del Censis nella sua ultima analisi, è quella della formazione. Sì perché siamo tutti consapevoli che gli anni di attività si allungano inesorabilmente ed è essenziale restare al passo con i tempi, a livello tecnologico, ma prima di tutto di mindset. Gli insoddisfatti del proprio posto di lavoro che individuano come prima causa la carenza di formazione erano il 13% un decennio fa e sono il 36% oggi. Perché ormai è chiaro quanto la questione dell’aggiornamento professionale sia centrale, considerata l’accelerazione del processo di cambiamento del mercato.

Sull’altro lato della medaglia, si riduce drasticamente la quota di chi è indotto a cercare un nuovo lavoro in quanto teme di perdere quello attuale; d’altra parte, i dati di un decennio fa subivano l’influenza della crisi del 2012, mentre oggi registriamo un momento particolarmente positivo per l’occupazione (oltre il 70% di chi si dimette trova lavoro in meno di 3 mesi).

Formarsi significa essere più employable, ma raramente uno stipendio più alto

Interessante, tuttavia, la panoramica che emerge da chi ha affrontato uno o più percorsi di formazione nel quinquennio precedente: il 46% delle aziende ha riscontrato un aumento della motivazione dei propri lavoratori coinvolti, il 32% un aumento dell’efficienza; lato dipendenti, la soddisfazione del processo formativo – per chi è riuscito a ottenerlo – è di oltre il 55%, anche se il 72% non ha riscontrato alcuna variazione sul percorso professionale. A livello macro, solo l’8% ha collegato ai risultati della formazione una modifica di mansione e il 6% una maggiorazione nella remunerazione.

Lo sviluppo di competenze come leva di engagement per le aziende

Nonostante, quindi, il mancato avanzamento di carriera, l’aggiornamento professionale riscontra comunque un notevole apprezzamento nei lavoratori che si sentono maggiormente ingaggiati nei confronti dell’azienda che investe nella crescita delle loro competenze e conoscenze. In un’epoca di difficile “attaccamento alla maglia”, anche considerata l’estrema mobilità del mercato del lavoro, la formazione si qualifica al primo posto come leva di engagement delle persone che si sentono parte del percorso di crescita dell’azienda, potendovi apportare un contributo qualitativamente più alto.

Il lavoro si sceglie per una maggior soddisfazione

E, infatti, rispetto al decennio scorso, cambiano le motivazioni di coloro che si dimettono volontariamente. Se prima, il 51% dei tempi indeterminati dichiarava di voler cambiare lavoro per guadagnare di più, ora tale aspetto perde 20 punti percentuali ed è affiancato da chi cerca una mansione più qualificante e dove accrescere le proprie capacità/competenze.

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