Oggi nelle nostre aziende convivono generazioni diverse
Fare lavorare queste generazioni insieme con profitto è un esercizio tutt’altro che semplice. La grande sfida, che spetta a manager e lavoratori, è superare i pregiudizi anagrafici. Solo dopo aver fatto questo importante passo ci si potrà concentrare sullo sviluppo di divergenze produttive e sulla ricerca di soluzioni per trarre beneficio dalle esperienze, conoscenze e network differenti di ogni singola generazione.
Generazioni diverse, fonte di ricchezza per le organizzazioni
Baby boomers do it better. Si potrebbe sintetizzare così, parafrasando la celebre frase che Madonna si fece provocatoriamente stampare su una T-shirt negli Anni ’80, la tendenza in crescita tra le aziende Usa a preferire l’assunzione di lavoratori over64 rispetto a quella di giovani candidati, perché convinte che siano più votati al lavoro. A sostenere questa presa di posizione ci sono i numeri messi nero su bianco da una ricerca condotta da The Wall Street Journal e NORC, società di ricerca apartitica dell’Università di Chicago, in base alla quale per il 65% degli over64 è importante lavorare sodo, fetta che si assottiglia al 61% tra gli under 30. E in Italia la situazione sembra essere la stessa. Qui, secondo la ricerca Benessere e Sostenibilità firmata da Eumetra, il 61% dei lavoratori con più di 64 anni dichiara che l’attività che svolge durante la giornata gli dà soddisfazione, percentuale che non va oltre il 49% tra gli under 30. Una presa di posizione forte che ha generato accese polemiche soprattutto in Europa e in Italia anche perché, al di là dell’etica del lavoro personale che ognuno di noi, indipendentemente dall’età anagrafica, può avere, va ribadito con forza che la presenza di generazioni diverse in un ambiente di lavoro, proprio per le loro differenti culture e abilità, non può che essere una fonte di arricchimento e crescita per le organizzazioni. Purché si riesca ad andare oltre gli stereotipi. Già perché non esiste una generazione migliore di un’altra o più votata al lavoro di un’altra. Esistono persone con valori, culture, competenze ed educazione differenti.
A ogni generazione i suoi pregi
Nel 2019 l’esperta di lavoro multigenerazionale Lindsey Pollak, spiegando ciò che aveva ispirato il titolo del suo libro The Remix: How to Lead and Succeed in the Multigenerational Workplace, raccontò: «Quando l’energia di una festa diminuisce, i DJ adottano un vecchio trucco: suonano un remix. Immediatamente, tutti tornano a ballare. I più vecchi riconoscono il brano originale, mentre i più giovani sono attratti dalle nuove canzoni e dai ritmi mixati. Ed esistono parallelismi anche con il luogo di lavoro. Tutte le generazioni hanno esperienze diverse, energie diverse e portano capacità e qualità differenti nel mix».
E alcune ricerche internazionali lo confermano: ogni generazione di lavoratori ha ricchezze uniche da esplorare e coltivare, che se messe a fattor comune alimentano il business dell’azienda traghettandola verso nuovi e importanti traguardi. I Baby Boomers, per esempio, tendono a lavorare duramente, sono motivati dalla posizione e dal prestigio, orientati al servizio, operano bene in squadra e non vogliono essere controllati eccessivamente. La generazione X, invece, è fatta di esperti di tecnologia e, a differenza degli over64, generalmente preferiscono essere più indipendenti e amano prendere decisioni senza tenere una discussione di gruppo. I loro valori? Flessibilità, onestà, equilibrio tra lavoro e vita personale. Si impegnano molto per concludere i progetti a loro assegnati, ma quando non è necessario vogliono essere liberi di vivere la loro vita oltre il lavoro. Ciò che caratterizza i Millennials è la loro forte competenza tecnologica. Sul lavoro si fidano di loro stessi, sono ottimisti, espliciti e collaborativi. Confidano molto nella visibilità del loro valore e hanno una buona interazione con i leader dell’organizzazione. La tecnologia è l’elemento che contraddistingue anche la Generazione Z che preferisce ambienti di lavoro stimolanti e quando non li trovano tendono ad annoiarsi e a cercare qualcosa di diverso. Trascurare il “bagaglio valoriale” di ciascuna generazione, in termini di aspettative e modi di guardare il lavoro, può rivelarsi un boomerang. Al contrario, valorizzare la differenza generazionale significa cogliere un’opportunità di crescita per l’organizzazione.
No ai conflitti generazionali
A manager e Hr il compito di minimizzare eventuali collisioni generazionali per evitare conflitti organizzativi, turnover dei dipendenti e la conseguente perdita di produttività. Come? Secondo gli esperti tre sono le leve da utilizzare:
- Favorire il dialogo tra junior e senior perché si possano reciprocamente comprendere sul piano culturale e imparare a rispettarsi a vicenda.
- Puntare sulla formazione. L’azienda ha il compito di fornire momenti di apprendimento e crescita condivisi fra collaboratori con seniority differenti durante i quali, le persone avranno l’opportunità di integrarsi maggiormente, fra loro e con l’azienda stessa. Ma formazione significa anche investire sull’aggiornamento delle competenze dei senior e sull’ampliamento di quelle dei giovani. Quello del training è un aspetto molto importante in un momento in cui la popolazione invecchia e l’età pensionabile si allontana. Non a caso sentiremo sempre più spesso parlare di longevity e di long term employability per alimentare la quale sarà necessario mettere reskilling e upskilling delle persone in cima alla lista delle priorità aziendali.
- Adottare programmi di mutual mentoring. L’affiancamento fra giovani e senior, favorisce infatti, la contaminazione dei saperi: le competenze digitali da una parte e la conoscenza dell’organizzazione e della storia del lavoro dall’altra. Un mix strategico per garantire crescita e competitività alle organizzazioni.
Ma non basta. In questo quadro un ruolo strategico lo hanno i manager e i direttori del personale ai quali spetta la grande sfida di valorizzare le competenze presenti in azienda, il che presuppone una conoscenza approfondita delle persone e delle loro abilità in modo da assegnare a ognuno di loro il ruolo giusto per esaltarle al meglio. In questo modo le differenze smettono di essere occasioni di conflitto e diventano stimoli reciproci. Una modalità di gestione del capitale umano attenta alle persone e allo stesso tempo al know-how e alla cultura d’impresa. Solo andando oltre l’età anagrafica ed esaltando le capacità delle singole persone si riuscirà a ingaggiarle, conquistarle. Presupposti fondamentali per governare davvero la complessità crescente dei mercati e continuare a crescere.