Ha lavorato in multinazionali, aziende familiari e pubbliche, per circa 35 anni (dei quali 12 vissuti all’estero), oggi Andrea Quadrini, al suo ingresso nella sessantina, affronta una nuova fase della sua vita, quella di senior advisor in una dimensione di maggior libertà, grazie al percorso di outplacement di INTOO.
“Ho iniziato nel marketing, poi mi sono dedicato alle vendite e sono diventato Direttore Generale ed AD negli ultimi 15 anni. Quando sono uscito dal mondo corporate, ero consapevole di almeno tre aspetti: il primo è che, in realtà di questo tipo, ad una certa età è normale lasciare, il secondo è che potevo essere soddisfatto di ciò che avevo costruito e il terzo è che finalmente potevo entrare in un’altra fase della mia vita, dove potermi dedicare di più a ciò che mi piace. Insomma, ho vissuto questa transizione con positività.”
Come hai affrontato l’uscita dopo un percorso così lungo e anche ricco di soddisfazioni?
“Con molta serenità. Me l’aspettavo, penso sia giusto lasciare il posto a persone più giovani che hanno tutto il diritto di lavorare ed è corretto che non si ritardi il loro turno e la loro opportunità. Per me si chiudeva una fase e se ne apriva un’altra, con un certo sollievo dopo anni anche di sacrifici, per il sottoscritto e per la famiglia che mi ha accompagnato all’estero e in ogni passaggio di carriera.
La mia serenità è costruita soprattutto sulla certezza di aver raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissi, perché è vero che siamo tutti competitivi ma serve self awareness: se abbiamo centrato l’obiettivo, è tempo di dedicarsi ad altro. In più, elemento nodale, sono contento di come l’azienda mi ha trattato, sempre con molto rispetto, durante l’uscita e in tutto il mio percorso di carriera.
Oggi mi posso finalmente dedicare alla famiglia e ad hobby e interessi, come la fotografia e i viaggi, ma soprattutto allo sport, a tutto ciò che ho sempre fatto negli intervalli e che ora può diventare più importate nelle mie giornate”.
E dal punto di vista professionale? Come disegni il tuo presente e come immagini il futuro?
“Conservavo un sogno nel cassetto, quello di un percorso professionale più imprenditoriale, qualcosa di più innovativo nei settori che meglio conosco”.
Come il percorso di outplacement ti ha aiutato nel mettere a terra la tua intuizione?
“INTOO mi ha accompagnato nella fase di passaggio. Naturalmente, prima di affidarmi, mi ero informato se avesse senso intraprendere tale strada con una storia e un profilo come il mio (che, per ovvie ragioni di seniority, non puntava a un semplice e ulteriore rapporto subordinato) e ne ho ottenuto buoni riscontri. Così ho compiuto il passo.
È una realtà poliedrica, pragmatica e rapida, con il plus di una suite di contenuti e tool per facilitare l’esperienza. Ho incontrato persone professionali ed empatiche, con cui poter essere trasparenti. Il counseling è stato per me uno degli strumenti più interessanti che ha contribuito a farmi raggiungere l’equilibrio di questa “seconda vita”.
Altro aspetto fondamentale, sul quale abbiamo lavorato, è quello del networking; non se ne fa mai abbastanza e va fatto bene anche prima di uscire dall’azienda, perché altrimenti “dopo” risulterebbe poco autentico. Io sono cascato in questo errore, come molti: spesso non si ha tempo di staccare la testa, ma offro questo consiglio a tutti come riflessione sui punti da non procrastinare o sottovalutare.
Per quanto mi riguarda, per costruire la mia attuale esperienza professionale, ho sviluppato due tipi di networking: rivolto a head hunter e società di temporary e fractional management da un lato, e poi, totalmente nuovo per me, con fondi di venture capital, private equity e società di consulenza. Erano frequentazioni che avevo strutturato meno e mi sono dovuto andare a costruire una buona rete.
INTOO mi ha dato un ottimo indirizzo, ma poi il lavoro lo deve fare la persona, non esistono scorciatoie. Il programma di outplacement aiuta ad avere un inizio più veloce, tuttavia l’impegno è e resta personale. Per me il networking non è clientelismo, andare a tutti gli eventi e farsi vedere; è più selettivo, mirato a situazioni dove credo di poter dare un valore aggiunto.In questo senso, lavoro molto in via preventiva, analizzando e valutando se ci sono opportunità e poi contattando il decision maker per una conversazione, là dove sono certo di poter offrire un valore aggiunto. La credibilità personale è un elemento nodale ed imprescindibile per me, anche per non perdere tempo inutilmente; ho le idee chiare su quello che voglio fare e non investo sul volume dei contatti, ma sulla qualità”.
Concretamente, come hai strutturato la tua seconda vita professionale?
“Come dicevo, il mio networking si è orientato di più sui fondi e sul settore dei prodotti del largo consumo, soprattutto pet care. E ha portato frutto perché oggi sono advisor di piccole aziende e start up che hanno bisogno di un’esperienza come la mia; vi partecipo anche entrando come investitore talvolta.
Riesco a mettere a frutto tutto ciò che ho seminato in passato, la mentalità aperta e curiosa che ho maturato nei tanti anni in diversi Paesi. Credo che il mio punto di forza sia un’esperienza poliedrica (dalla multinazionale, alla vita all’estero, alla conoscenza diretta di settori diversi dall’igiene orale al pet food al tabacco), un mix di skills hard e soft.
Attualmente la mia consulenza ricopre progetti come:
- accelerazione della crescita/scale up di start up e PMI
- ottimizzazione processi ed organizzazioni commerciali e di marketing
- supporto ad aziende internazionali che desiderano entrare nel mercato Italiano
- supporto ad aziende Italiane che desiderano esplorare mercati esteri
- coaching/mentoring a founders/CEO di start up o PMI
L’aspetto più sfidante ma molto stimolante di questa nuova vita professionale è per me quello di switchare da un progetto all’altro, gestendo le giornate per obiettivi e provando a creare dei compartimenti stagni, continuando nello stesso tempo a fare networking e aggiornamento”.