Due lavori, quando uno non basta
Non sono pochi i giovani adulti in Italia che svolgono più di un lavoro. Secondo le ultime rilevazioni (fonte Corriere della Sera), il 37% della Generazione Z e il 23% dei Millenials hanno almeno un secondo lavoro con cui cercano di integrare il primo stipendio. Altro che bamboccioni, insomma. Almeno in questa fetta di platea che dimostra buona volontà e impegno.
Chi decide di svolgere due occupazioni lo fa per diverse ragioni, concomitanti. Una è quella economica perché i livelli di retribuzione dei giovani sono bassi ed è normale che sia così, mentre si sta ancora costruendo la propria expertise. E allora porte aperte anche a due lavori, a una vita frenetica (con impegni multipli e orari o appuntamenti da incastrare) e tanta dedizione.
Una strada per combattere l’etichetta di “adulti a basso budget” e di attori di una storia senza lieto fine. Il tutto in controtendenza rispetto alla lettura, ormai più che diffusa, di giovani che non riconoscono il valore del lavoro e, in un certo senso, anche la sua necessarietà.
È tutta questione d’ingaggio
Il tema è, dunque, anche quello dell’ingaggio, del vedere il vantaggio del lavoro, a partire dalla questione economica ma ad allargarsi fino alla dignità di colui che sa fare, pensare, creare, giudicare, portare il proprio contributo originale.
È una questione cruciale per le aziende e le risorse umane che hanno il compito di mostrare e dimostrare il carattere e il sistema valoriale dell’azienda stessa, così che i ragazzi (e non solo) possano verificarne l’immedesimazione o – in maniera meno profonda – un certo livello di corrispondenza.
Il lavoro come luogo dove esprimere il meglio di sé
Qui si gioca l’attrattività delle aziende che diventano il luogo della volontà di giovani e meno giovani di mettere in atto ciò che sanno fare, lo spettacolo delle proprie conoscenze e competenze che trovano un campo d’azione. In questo senso, il disegno di un progetto professionale dà prospettiva e respiro, fino a contemplare la possibilità dell’errore, se compiuto per sperimentare un qualche tentativo d’innovazione.
Destinazione futuro
In quattro parole, il punto sta nel “rendere presente il futuro”, cioè nel mostrare l’investimento che l’azienda fa nelle sue persone, spingendole a dare il meglio. È così che il merito e il lavoro tornano a contare, anche in un rapporto più dinamico e flessibile come quello che instaurano i giovani, e il futuro riacquista una dimensione più appetibile, alla quale voler non solo assistere ma partecipare.