Alzi la mano chi non si è mai sentito fare domande imbarazzanti durante un colloquio di lavoro. Del tipo: “Come si vede fra 5 anni?”, oppure: “Come ti descriveresti in una parola?”. Alcune di queste in realtà hanno lo scopo proprio di metterci in difficoltà e dare modo, a esperti recruiter, di studiare le nostre reazioni.Il problema è quando ci si trova davanti una persona che non ha sviluppato molta esperienza nell’ambito delle risorse umane. In questi casi, infatti, capita di sentirsi fare anche domande che toccano aspetti personali, della vita privata o famigliari, quindi illegali a tutti gli effetti, alle quali non si è obbligati rispondere.E questo non capita solo in Italia ma ovunque nel mondo. Alcuni di questi interrogativi sono per lo più uguali in tutti i Paesi. Altri, invece, sono più collegati alla cultura e al tessuto sociale di una determinata nazione.
♦ Italia: privacy prima di tutto
“Ha figli o ha intenzione di farne e di avere una famiglia?” è la classica domanda illegale planetaria, normalmente posta alle sole candidate donne, ovviamente. Lo stesso vale per quesiti tipo: «È sposato/a?», «Fidanzato/a?».
In Italia indagare sulle relazioni di un candidato non è lecito e a dirlo è l’articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006, il Codice delle pari opportunità fra uomo e donna, in base al quale è proibita qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, sull’orientamento sessuale, sullo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza della persona intervistata, indipendentemente dal tipo di assunzione, dal settore di attività e al ruolo che andrà a ricoprire.
Sempre secondo il Codice delle pari opportunità, le domande inopportune sullo stato di maternità o paternità, sia naturale che adottiva, comprendono anche interrogativi sulla gestione della famiglia (come la presenza di una baby sitter o una nonna in casa che possa accudire eventuali figli). E, sempre sulla base del decreto 198, è vietato pure chiedere qual è la professione dei genitori del candidato. Normative simili sono in vigore anche in Usa, Regno Unito, Francia e Germania.
In Italia esiste poi un altro decreto, il 276 del 2003, che protegge il candidato da domande relative al suo stato di salute. Non conforme alla normativa vigente anche chiedere se ha delle disabilità a eccezione dei candidati appartenenti alle categorie protette, che devono dichiarare la loro condizione sul proprio curriculum vitae: in questo caso, le indagini sul tipo di disabilità sono dunque permesse perché aiutano e sostengono il lavoratore nella ricerca di un’occupazione o nell’inserimento in un’azienda.Divieto di fare questo genere di domande anche nella maggior parte dei Paesi esteri sopra citati. Così come per quanto riguarda i quesiti sul credo religioso e politico, orientamento sessuale o le precedenti occupazioni della persona in esame. Quindi se vi dovessero chiedere: «Ha mai avuto problemi con il suo precedente datore di lavoro? Di che genere?», potete serenamente non rispondere. In Italia a stabilire che sono domande borderline è l’articolo 10 del decreto legislativo 276 del 2003, che regola l’attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro.
♦ Gli austeri USA
Negli States la lista dei quesiti illeciti è ancora più lunga e comprende richieste del tipo: “In che anno ti sei diplomato alla scuola superiore?”. Chiedere l’età, invece, rientra tra le informazioni discriminanti, così come chiedere il peso corporeo del candidato; se vive in una casa di proprietà o in affitto (specie se la persona appartiene a una minoranza etnica).
Fuori norma anche le richieste che hanno a che fare con la razza e il colore della pelle, piuttosto che informarsi sul servizio militare o se si è membri di un determinato club etc. E si può chiedere l’indirizzo della persona solo dopo aver deciso per la sua assunzione.
♦ UK, Francia e Germania più pragmatiche
In Inghilterra, dove vigono i medesimi divieti italiani, è considerato illegale anche chiedere al candidato se la sua prima lingua è l’inglese piuttosto che il suo luogo di nascita. E, come in Usa, qui è discriminante domandare l’età del candidato o quanti giorni di malattia ha preso durante il suo ultimo impiego (lo stabilisce l’Equality Act del 2010), così come informarsi sulla sua iscrizione a un sindacato.Fuori norma domandare se si sono avute condanne penali, a meno che il ruolo che la persona intende ricoprire non lo richieda espressamente (per esempio nel caso di un impiego in una scuola).
Stessa cosa succede in Francia e in Germania, dove in più è vietato chiedere al candidato se ha debiti e che tipo di amici frequenta.[/vc_column][/vc_row]