Nelle scorse settimane ha infuriato la polemica suscitata dall’attrice e comica Aurora Leone dei The Jackal: in un video, affidato ai social, denuncia un trattamento diverso per il suo essere donna alla Partita del Cuore. La polemica monta, ma dietro quest’episodio c’è il ben più ampio tema del gender gap.
Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, all’evento W20 sulla parità di genere si è spinto in dichiarazioni aperturiste:
«La pandemia ha squadernato disparità che già conoscevamo. Le donne sono state le più esposte alla pandemia, anche da un punto di vista di carico lavorativo. La politica deve cambiare passo».
Concordi e partecipi allo stesso evento anche Elena Bonetti, ministra delle Pari opportunità, Susanna Camusso, Responsabile politiche di genere Cgil, Daniela Fumarola, Segretaria confederale Cisl.
Eppure, forse, le novità prima ancora che da Roma, avranno luogo nelle realtà locali, che potrebbero essere da esempio anche per tutto il Paese.A partire proprio dal Lazio, che ha approvato due settimane fa circa in Consiglio regionale alcune disposizioni per la promozione della parità retributiva tra i sessi. Il Presidente Zingaretti, commentando l’approvazione, ha detto:
«Questo tema è una piaga sociale e culturale che riguarda l’intero Paese e che con la pandemia si è ulteriormente aggravato: un divario, di cui conosciamo bene i dati statistici, che penalizza le donne e insieme a loro l’intera economia. Per questa ragione abbiamo voluto investire per cambiare completamente la rotta, con un sistema che favorisce la parità. Le donne non sono spettatrici del mondo lavorativo, al contrario hanno un ruolo cruciale, nell’economia e nella società, è tempo di cambiare».
Ma accade anche in Piemonte che il Consiglio regionale approvi all’unanimità una proposta di legge per la parità retributiva uomo-donna e il sostegno all’occupazione femminile.
A confermare le preoccupazioni delle politiche del territorio e delle Istituzioni sono i dati del World Economic Forum sul Global gender gap, secondo cui le conseguenze economiche della pandemia hanno ampliato ulteriormente le disparità tra i sessi, allungando i tempi calcolati per raggiungere la parità di genere a livello globale.Aumenta ancora, infatti, il cosiddetto gender pay gap rispetto al 2019: in base agli ultimi dati Eurostat, l’Italia si posiziona al diciassettesimo posto in Europa. Inoltre, secondo i dati dell’osservatorio Pulse PMI, survey che ha coinvolto tra gennaio e febbraio di quest’anno un campione rappresentativo di oltre 600 imprese italiane, solo il 16% delle PMI italiane è a guida femminile, e anche la presenza di donne nel top management è quasi statica da cinque anni a questa parte.La parità, quindi, è ancora un miraggio?
Risulta evidente che, al di là delle statistiche, dei numeri e dei casi di cronaca quel che può e deve cambiare è la cultura, l’unica chiave di volta possibile. Per cambiare la cultura, però, serve una nuova educazione, un movimento della singola persona, dal top management al lavoratore appena assunto.
Perché, come ogni grande rivoluzione, il cambiamento accade se si fonda su convinzioni profonde. E così sarà anche per il gender gap, è responsabilità di ognuno di noi.