Il Coronavirus è un punto di non ritorno. Quel che abbiamo conosciuto ha già cambiato quel che vivremo nei prossimi mesi. Il lockdown ce ne ha dato un assaggio: chiunque ha dovuto rimettersi in gioco, scaricare nuove applicazioni, imparare a rendere quotidiano l’uso della tecnologia. Insomma, abbiamo dovuto convertire la nostra mentalità avvezza a ritmi, metodi, relazioni stravolti dal virus.
Questo cambiamento repentino può essere considerato il modello della vita che verrà: lasciarsi modellare dalla novità, essere flessibili al nuovo, aprirsi ed essere sicuri di poterne “guadagnare”. Dalla necessità, così, si potrà assumere la certezza di una convenienza.
La formazione occupa un punto nevralgico per la ricerca sia di una migliore occupazione sia di un miglioramento del proprio attuale posto. In entrambi i casi, che il lavoro lo si cerchi o si abbia, quel che conta è essere pronti.[vc_empty_space]
Non tutto è uguale
Ma non tutta la formazione è uguale ed è fondamentale recepire alcuni criteri che faranno scoprire se una fonte possa considerarsi autorevole o meno.
- È autorevole se la formazione non è solo un elenco di insegnamenti o concetti, ma riesce a muovere la persona. Un bravo formatore è chi accende il motore di una nuova consapevolezza di sé, come quel che si fa fare o le proprie lacune
- È autorevole se considera la sessione formativa non autoconclusiva, ma un punto di inizio per una lunga avventura. Deve poi chiarire che la formazione aiuta ad assumere strumenti grazie ai quali non si sarà mai soli ad affrontare una sfida
- È autorevole se non rende standard l’insegnamento, ma lo modella sul proprio interlocutore. La cartina di tornasole è un’inedita proattività, un nuovo dinamismo personale, non un’etica da ritrovare
- È autorevole se aiuta a essere quanto più possibile flessibili: è fondamentale mettersi in gioco e, per questa ragione, si devono cogliere le possibilità che favoriscano una simile mentalità
- È autorevole se collabora a una nuova costanza nella costruzione del proprio personal branding, il ritorno concreto di una ritrovata resilienza
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Quel che non cambia
La grande novità, quindi, è che la formazione, se così considerata e se così autorevole, deve essere la compagna fedele della nostra vita. Non ci si deve spaventare e non si deve, dall’altro lato, credersi immuni da questa regola del mercato.
Nessun posto dirigenziale preserva dagli smottamenti professionali o dalle esigenze diverse che si impongono nelle scelte societarie. È bene, allora, non farsi trovare impreparati.
Un impegno formativo permetterà di vivere bene il proprio lavoro, sviluppare tutte le potenzialità della carriera già in essere o essere in grado di costruirne una propria. Ci vuole tempo, questo è chiaro, per guardarsi, per considerare il contesto e capire dove intervenire.
I gap o i punti di vantaggio possono essere i giusti strumenti per la propria crescita.
Ci vuole impegno anche per attivare contatti storici e nuovi. È il mondo relazionale il terreno adeguato per venire a conoscenza di nuove possibilità e dare vetrina alle proprie abilità.
Saranno questi gli elementi che permetteranno di essere sempre “occupabile”, cioè pronto a rispondere “presente!” a una nuova convocazione.