Di crisi occupazionale non si può scrivere al futuro perché – purtroppo – non è affatto necessario attendere il primo aprile, quando il blocco dei licenziamenti non sarà più in vigore. A rendere plastica l’attuale situazione è l’Istat che fotografa un mese di dicembre con cifre negative. Cala l’occupazione mentre cresce la disoccupazione: rispetto a novembre sono 101mila le persone rimaste senza lavoro, ma rispetto all’anno precedente se ne contano fino a 444mila.
I più danneggiati sono sicuramente i contratti a termine e gli autonomi, spesso ma non solo, legati ai servizi, il settore messo più in crisi dalla pandemia in corso. Ovviamente non tutti tra profili, età o genere sono stati toccati allo stesso modo. I cosiddetti Neet, gli inattivi, tra i 25 e i 49 anni sono oltre 4,4 milioni, 258mila in più rispetto a dicembre 2019.
Sempre l’Istat, poi, parla chiaro: sono i giovani e le donne a essere i meno tutelati, le cosiddette fasce deboli. Su 101mila posti persi, di cui abbiamo già dato conto, 99mila sono donne e sui 444mila occupati in meno in un anno 312mila erano donne, quindi circa tre su quattro.Le donne e i giovani sono un’urgenza che spesso il premier incaricato, Mario Draghi, ha ricordato ed evidenziato in molti discorsi pubblici o articoli pubblicati a sua firma. È una vera e propria emergenza, soprattutto quella femminile.
A mancare è la conciliazione lavoro e vita familiare, in perenne scontro. La gestione dei figli, soprattutto nei primi mesi della pandemia con la chiusura totale delle scuole, ha provocato un disagio tale da mettere in difficoltà i nuclei dove entrambi i genitori lavoravano. Spesso a sacrificare la propria posizione è stata la donna, solitamente con una RAL inferiore.
Ma non solo: la scarsa formazione continua, di cui l’Italia detiene un triste primato, tocca per prime le donne, impegnate in settori, come il terziario, che a volte non promettono una crescita adeguata ai tempi.
Sono due fattori che urgono un cambio di passo in tempi brevi perché il desiderio di lavorare e di fare carriera, nonostante un pensiero comune duro da sradicare, è proprio anche della donna; per non citare l’ovvietà dell’utilità di due stipendi per sostenere tutti i costi della casa, della cura di sè e delle proprie passioni e del crescere dei figli.
È un’urgenza alla quale, da una parte, deve rispondere lo Stato con riforme, agevolazioni, incentivi, ma anche l’individuo in prima persona. Lo Stato è sussidiario, ma non è supplente di quella che deve rimanere una preoccupazione del singolo: tanto è forte il desiderio di poter lavorare bene e di crescere, tanto deve essere forte il pensiero di non rimanere immobili, di formarsi, di chiedere aiuto. Non esiste condizione che impedisca una fioritura, nemmeno la pandemia può evitare che torni la primavera. Accadrà così e noi non dovremo farci sorprendere o trovare impreparati.
Il mercato sta cambiando e muterà, è ora di iniziare o accelerare il nostro cammino di crescita e allineamento a esigenze e circostanze nuove.