Chi vince nella classifica dell’employability
La fascia d’età tra i 30-35 e i 45 anni è la più appetibile per il mercato del lavoro odierno e, infatti, si sta dimostrando la più dinamica.
Sono profili non più junior, hanno già una certa esperienza alle spalle, ma conservano quella curiosità, quella freschezza, quel desiderio di crescita in grado di portare grande valore aggiunto. In più, dimostrano generalmente familiarità con gli strumenti e i processi tipici dell’evoluzione digitale e non hanno ancora raggiunto l’apice della potenzialità retributiva. Sintetizzano nel proprio profilo, insomma, una serie di caratteristiche che li rendono più employable di altri.
Come attrarre e mantenere i talenti
Rovescio della medaglia: sono i più complessi da mantenere ingaggiati.
Sanno di “aver mercato” e hanno aspettative alte che non sono disposti a negoziare; non lavorano solo per mantenersi, portano nel lavoro un desiderio di realizzazione multisfaccetata che comprende, ad esempio, il giusto equilibrio che li abilita a vivere un’esistenza piena su più fronti: il tempo della formazione, il tempo del benessere, il tempo delle relazioni, il tempo per godere della bellezza.
E poi guardano ai valori, li pesano e decidono in base ad essi. Il sistema valoriale della propria azienda ha – per questa fascia d’età – un peso ben più alto che in passato. E questo è dimostrato dalla gran massa di dimissionari che ha indicato come ragione principe della propria decisione la non corrispondenza valoriale. È un punto centrale per le aziende, che dev’essere compreso nella sua portata, in particolare da chi si occupa delle risorse umane, perché ha un potere anche d’attrazione notevole.
Le società valoriali valgono di più
È, insomma, una rivoluzione silenziosa che è partita dai giovani adulti e si è allargata, coinvolgendo la società tout-court. Tanto che – sono dati pubblicati dal Sole24 Ore – i brand guidati da valori solidi crescono del 10% in più all’anno, dimostrando con i fatti e mettendo in mostra come aspetto prioritario delle loro scelte commerciali e strategiche valori etici, sostenibili solidali.
Ecco, dunque, che la sfera “soft” si fa “hard”, l’intangibile si fa tangibile traducendosi in numeri e riscontri che premiano chi sa mettere i valori al centro, con investimenti e direzioni chiare e consistenti, solide nel tempo.
Set valoriali e performace sono interconnessi, laddove la forza del brand è legata a doppio filo al suo significato: non più un semplice logo, ma l’essenza del suo purpose per attrarre talenti e acquisire nuove quote di mercato.