È di qualche settimana fa una ricerca della MIT Management Sloan School che spiega come per 30 milioni di americani l’ambiente lavorativo in cui operano è “tossico”
Ma quali sono le condizioni per un ambiente lavorativo tossico? Le risposte non sono state sorprendenti, ma hanno l’immenso valore di rendere evidenti quali siano i problemi ricorrenti nel mondo del lavoro. Un simile apporto può contribuire alla correzione di veri e propri scalini di valore che impediscono al lavoratore di ritenersi soddisfatto. Il primo fattore riguarda i mancati riconoscimenti.
Una insufficiente valorizzazione delle fatiche e del contributo della squadra da parte di chi la guida, rende l’ambiente di lavoro pesante.
Accade di ricoprire un ruolo non definito con precisione o non riconosciuto all’interno dell’azienda; spesso, infatti, si svolgono compiti che non sono previsti da quel che è riportato nel biglietto da visita o nella gerarchia aziendale. Tale assunzione di responsabilità, peraltro, è sovente attribuita dagli stessi responsabili/capi che, però, evitano di cristallizzarle in un job title più altisonante per disincentivare richieste di stipendio, scatti di ruolo ecc.
La percezione dell’eccesso di mansioni senza un adeguato e corrispondente riconoscimento porta, a lungo andare, alla perdita di motivazione e a un nervosismo snervante, che può portare al burn-out.
Come possono agire le risorse umane per migliorare l’ambiente di lavoro
Le risorse umane, in un simile frangente, possono fare la differenza: avere la porta dell’ufficio aperta per ascoltare quel che il lavoratore ha bisogno di esprimere è già un primo passo. Accompagnare, poi, il team a essere veramente tale, a considerarsi un gruppo dove la trasparenza e la cooperazione hanno la priorità. È inoltre percorribile, in questi casi, la strada della crescita orizzontale, valutando se la persona possa essere impiegata in un altro comparto o sviluppare skills differenti, in uno spirito di positiva riorganizzazione.
Il secondo fattore è l’operare in una cultura aziendale che non corrisponde ai propri valori. Nodale a questo riguardo il lavoro sulla “diversity aziendale”, che altro non è che la valorizzazione di sguardi nuovi, complementari, non escludenti perché quel che non è uguale spesso diventa una risorsa a tutto campo che conviene accogliere.