Dal 24 febbraio tutto è cambiato, l’emergenza sanitaria ha generato una rivoluzione improvvisa e potente nel mondo del lavoro, dove a farla da padrone è lo smartworking…
[vc_empty_space]È vero, lo smartworking si è imposto come non mai, peraltro a una velocità impensabile fino a qualche mese fa…
Ci è voluto un lockdown per portarci a una nuova consapevolezza, ma alle volte situazioni critiche – in questo caso direi drammatiche – portano in eredità anche qualche elemento di crescita e, certamente, di cambiamento.
Al riguardo, parto con una riflessione semantica, il “lockdown” di per sé è un arresto e, in effetti, per noi ha significato uno stop della nostra libertà di azione e movimento, ma anche il vivere in spazi limitati.
All’inizio ci siamo illusi che potessimo e dovessimo fare le stesse cose di prima, ma da casa. Questo ha comportato un affaticamento notevole perché gli spazi, non solo fisici ma digitali, dovevano essere condivisi (smartworking – magari di più componenti della famiglia contemporaneamente -, web conference, formazione online e home schooling per i bambini).
La verità è che questo smartworking della prima ora, di smart aveva ben poco.
Un’invasione totale del tempo, con la tirannia di call affollate su una molteplicità di piattaforme; sembrava quasi non si potesse lavorare se non insieme su Zoom, Skype, Webex, Meet, Teams e chi più ne ha più ne metta. Sparite le pause caffè, dove ricaricare le batterie e scambiare opinioni con i colleghi in modo informale e disteso. Sparito anche il tempo per noi, soprattutto per le donne che, oltre al lavoro, si sono trovate a gestire 24/7 la casa, i figli, la didattica a distanza, le ricette mediche smaterializzate dei genitori…[vc_empty_space]
Come fare quindi? Ci può dare qualche indicazione concreta per le prossime settimane?
È certamente importante lavorare sul mettere dei confini, dei paletti che tutelino il tempo del lavoro e il tempo per altro, per rimettere al centro il sé. Questo è fondamentale anche per il lavoro, perché una riflessione attenta su di sé, le proprie esigenze e potenzialità di crescita, aiutano a definire e iniziare a percorrere una strada nuova.
Lo dico soprattutto per le donne, non lasciate che “le cose da fare” invadano completamente il vostro tempo. I mariti, i papà, si sono occupati di aspetti che non sapevano nemmeno esistessero prima del lockdown, possono continuare a farlo. Perché no? Il Covid19 può lasciarci in eredità un equilibrio nuovo, non solo del work-life balance femminile, ma familiare.
Focalizziamoci, in queste settimane di transizione, su quanto ci è accaduto e proviamo a far tesoro delle esperienze positive. Il mio è un vero e proprio appello, facciamo in modo che la fatica che abbiamo affrontato sia costruttiva. Se abbiamo imparato il meccanismo della delega e dell’aiuto, è giusto che questo venga capitalizzato.[vc_empty_space]
Il Coronavirus lascerà una sua eredità al mondo del lavoro? Può una pandemia passata (speriamo definitivamente) modificare le nostre aspettative professionali?
Il rientro post-estivo con una scuola che probabilmente non sarà più la stessa ci preoccupa molto per il futuro professionale delle mamme. Chi si occuperà dei figli in orari presumibilmente più ampi dell’accudimento pre-Covid19? Attenzione a non far ricadere in modo scontato, o quasi, sulla madre questo aspetto; le scelte vanno fatte in due.
Altrimenti il rischio di contrazione delle opportunità professionali, di crescita, di carriera femminile sarà troppo alto. Stavamo procedendo in tutt’altra direzione, ricordiamolo! La soddisfazione professionale della donna è un bene e un arricchimento per la famiglia e la società.[vc_empty_space]
Con gli ultimi provvedimenti, il Governo ha reso lo smartworking un diritto per chi ha figli sotto i 14 anni…
È un tema complesso, che non va giudicato in maniera monolitica o di parte: è chiaro che le famiglie si trovano in una situazione delicata e l’azione governativa cerca di alleviarne il peso.
Le aziende, per parte loro, si trovano però nella condizione di concepire lo SW come un diritto del lavoratore; io auspico che si possa intenderlo, invece, nel suo senso più autentico e genuino.
Sia un elemento di costruzione di una nuova cultura aziendale, con un lavoro che si fonda più sugli obiettivi che sulla presenza fisica, sulla responsabilità e la fiducia più che sui tempi e il luogo di svolgimento. Così lo smartworking sarà una leva per l’azienda, non un aspetto che subito per decreto ma agito: al centro ci sarà la responsabilità, del lavoratore e del suo datore di lavoro, anche nei confronti della società (con una svolta di attenzione ambientale).
È implicito che tale sfida richieda un cambio di passo: il lavoratore più performante non sarà più “il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via” (come per i nostri nonni impegnati in officina), ma il dipendente che porta i migliori risultati. Ovviamente bisognerà attuare una revisione profonda dei processi aziendali, con l’assegnazione di strumenti, anche informatici, adeguati.
Insomma, proviamo a guardare a questo periodo di emergenza e urgenza come un’occasione: non si torni indietro proprio ora, con la tanto attesa Fase2… Abbiamo testato una nuova modalità di lavoro? È tempo di farla funzionare, attraverso un’organizzazione che dia meno affanno e strutturi un momento cruciale di crescita.[vc_empty_space]
Chi funge e fungerà da facilitatore del cambiamento?
Ci siamo trovati obbligati a cambiare e a cambiare velocemente, senza un qualcosa da prendere da esempio, mai come oggi le cosiddette soft skill hanno fatto la differenza, flessibilità, proattività, velocità di apprendimento, ma anche delega, fiducia e condivisione sono tutti fattori che hanno permesso di rimodulare il modo di lavorare velocemente e mantenendo efficacia.
Il ruolo del Capo, per citarne uno, è stato messo alla prova è servita autorevolezza e credibilità per trascinare i team al risultato, trovandosi improvvisamente a distanza e in piena emergenza. Si sono rivelati i “veri capi”, chi non è rimasto imbrigliato in vecchi schemi, ma ha cavalcato il cambiamento come opportunità.
Si tornerà ad una normalità ma non sarà più come prima, sono convinta che se sapremo rileggere quanto accaduto in questi mesi, potremo capitalizzare quanto appreso e riportarlo nei nuovi assetti che ci vedranno protagonisti nella fase 2 e in seguito.
Alcuni ruoli professionali sono stati messi alla prova più di altri, oltre al personale sanitario, agli addetti alla logistica e al personale dei supermercati, penso nelle aziende agli HR e agli informatici che hanno avuto sfide importanti in tempi veloci, hanno quindi avuto modo di vedersi ancora più di prima in un ruolo di supporto al business e vicinanza e supporto alle persone.
Alcuni settori hanno sofferto più di altri, molti stanno rivedendo completamente la loro strategia, penso alla moda, al turismo, al retail.
Torneremo alla normalità, ma non sarà più come prima ……possiamo far sì che sia meglio di prima![vc_empty_space][vc_btn title=”Desideri maggiori consigli? Registrati gratis e incontra un Career Coach esperto!” color=”green” align=”center” link=”url:https%3A%2F%2Fwww.intoo.com%2Fit%2Fper-le-persone%2Fcareer-coaching%2F|title:Career%20coaching|target:_blank”][/vc_column][/vc_row]