È una delle prime lezioni che la vita ci insegna: la strada più ardua è spesso la più efficace e mira al traguardo più soddisfacente.
Un punto che il mondo del lavoro e le leggi del mercato non fanno che avvalorare e che molte aziende nostrane hanno dovuto affrontare, ancora una volta, a seguito della politica sanzionatoria che l’Unione europea ha scelto – accanto a diverse altre azioni – nei confronti della Russia, a seguito della violenta invasione dell’Ucraina.
Se un mercato si chiude, infatti, non c’è altra soluzione che aprirsi ad altro, trovare un piano B che non abbia nulla da invidiare al piano A. Un progetto che va costruito, edificato mattone dopo mattone, con fatica e dedizione.La decisione di provare a indebolire Mosca attraverso l’allentamento dei suoi scambi commerciali, peraltro, era già stata presa nel 2014 a seguito dell’occupazione della Crimea, con le inevitabili conseguenze di riflesso anche per molte imprese italiane con embarghi di merce, blocchi alle frontiere, ordini saltati e pagamenti mai riscossi.
Secondo i dati Istat le esportazioni italiane verso la Russia hanno subito una battuta d’arresto media del 28,5% dal 2014 a oggi. Ma ci sono settori che hanno registrato un calo ancora maggiore: basti citare gli articoli di abbigliamento, la seconda voce come volume di export, scesi del 34,5% in questi otto anni o, ancora, le esportazioni di autoveicoli, in calo del 43,3%.Già allora il mercato aveva suggerito, o forse imposto, di reinventarsi e alle aziende, tanto per fare un esempio, che producevano mobili in stile per il mercato russo, era stata evidente l’importanza di mappare gusti e tendenze di altri Paesi e proporre prodotti nuovi su frontiere mai sperimentate prime. La people impegnata in comparti e realtà molto orientate al solo mercato russo aveva dovuto indirizzare le proprie conoscenze e abilità tecniche ad altro, muovendosi in maniera orizzontale.
Abbiamo, insomma, già alle spalle il faticoso inizio di un processo di diversificazione del prodotto e delle mete di destinazione del Made in Italy, ma convertire la mission e l’expertise non è affatto semplice. Significa dover abbandonare strade già battute, intraprenderne di nuove, nonché intuire quali siano le competenze già in essere utili a convergere verso un obiettivo altro.
È lo sviluppo orizzontale della carriera che dà forma nuova alle competenze trasversali, al sapere, mettendo in atto la flessibilità del nostro profilo per adattarsi e, se possibile, anticipare le richieste del mercato.Si dimostra nodale, insomma, puntare non solo a essere i massimi esperti di un piccolo frammento, ma avere una visione globale ed essere duttili, dimostrando l’energia per analizzare con lucidità su cosa continuare a investire e su quali aspetti concentrarsi ex-novo, lasciando alle spalle questioni superate.
Una flessibilità buona, positiva, necessaria per fare un passo avanti, muovendosi di lato: è l’opportunità di crescita e cambiamento offerta dalla prospettiva orizzontale.